Uno sparo contro l’umanità. Il dramma dell’olocausto nell’opera messa in scena a Fondi.

Giovanni Pannozzo Salvatore De Meo Giuseppe Simeone - spettacolo olocausto gen 15

Uno sparo rivolto al pubblico ed è il buio. Così termina il drammatico spettacolo “Arbeit macht frei – il lavoro rende liberi” messo in scena a Fondi, dopo il successo al teatro “Stanze segrete” a Trastevere a Roma lo scorso anno, con Giovanni Pannozzo,Giorgia Piracci, Dario de Francesco e Luana Strozzi. Regia de Papi.

Apprezzata la decisione di tenere due mattinée (lunedì 26 e martedì 27 gennaio scorso) riservati agli alunni delle scuole fondane, cui hanno preso parte le classi terze medie dell’Istituto “Don Milani” e dell’Istituto “Amante”; il biennio del ragioneria. Oltre allo spettacolo, gli studenti hanno potuto assistere anche alla proiezione di un film documentario realizzato da Alfred Hitchcock che all’epoca fu molto criticato per la crudezza o veridicità delle immagini.

Nella serata di martedì 27 gennaio scorso, lo spettacolo sull’olocausto ha donato al pubblico presente, forti emozioni. Per il presidente della Pro Loco Fondi, tra i patrocinanti l’iniziativa: “Gli interpreti sono riusciti a far entrare gli spettatori nella drammaticità della storia così cruda e dura. Bravo – ha commentato il presidente Gaetano Orticelli – il nostro giovane attore Giovanni Pannozzo che nonostante i suoi 22 anni d’età diventa esempio per altri giovani all’impegno in tutti i campi e ad attivarsi nell’attuale momento critico che tutti viviamo”.

Giovanni Pannozzo è proiettato ad altri lavori che lo impegneranno nell’anno a livello nazionale nel campo televisivo e teatrale, sentiremo presto ancora parlare di lui.

Allo spettacolo, in prima fila, anche il sindaco di Fondi Salvatore De Meo, la presidente del Consiglio comunale Maria Luigia Marino, l’assessore al Turismo Beniamino Maschietto, il consigliere regionale Giuseppe Simeone.

Sia De Meo che la Marino hanno reso noto il loro favorevole giudizio sulla rappresentazione: «Lettere, testimonianze, ricostruzioni storiche della orribile vita ed esperienza dei campi di concentramento hanno ben espresso l’atrocità, la scientificità di uno sterminio, la crudeltà nei confronti di qualsiasi uomo, donna e bambino, sottoposti tutti a un processo di deumanizzazione, di perdita totale della propria dignità, del proprio essere persona, oltraggiata e vilipesa.

La tematica messa in scena poteva essere soggetta a interpretazioni cariche di tensione, troppo gridate o troppo esaltate. La bravura degli attori ha dato vita ad una rappresentazione drammatica, carica di dolore composto, di dignità difesa, di impotenza di fronte alla ferocia dei dominatori senza cadere in eccessi, di qualsiasi sorta.

La scenografia ha messo in evidenza la dicotomia di quel frangente storico orribile: da un lato una scrivania, coperta da un drappo nero su cui campeggiava il simbolo runico delle SS, dall’altro un filo spinato retto da pezzi di legno in cui erano confinati i deportati, quasi a simboleggiare la frattura incolmabile tra ebrei e potere hitleriano. Il trucco ha dato il suo notevole apporto: gli occhi degli attori erano quasi perduti, smarriti, lo sguardo fisso nel vuoto, vagante alla ricerca di qualcosa, forse uno spiraglio di luce, o una persona cara strappata dalle braccia, o un briciolo di speranza… Il nostro concittadino Giovanni Pannozzo è stato uno dei protagonisti, impersonando un deportato. La sua recitazione non urlata, ma carica dello strazio umano di chi ha vissuto quei momenti, ha incarnato il senso di questa umanità oltraggiata, senza nome, senza volto, identificata solo con un numero. Il suo porsi sobrio ma non distaccato, il suo immedesimarsi in un personaggio dolente e angosciato non ha impedito di far emergere tutta la sua bravura, la sua capacità interpretativa, la sua immedesimazione, che oltre ad essere frutto di anni di studio e impegno sono sicuramente frutto di una straordinaria ricchezza interiore».

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