Sono in aumento le aziende che dichiarano di aver subito una perdita di dati digitali o una interruzione non pianificata dei sistemi nell’ultimo anno di attività: è quanto emerge da una ricerca presentata nel corso dell’evento EMC Global Data Protection Index 2016, che ha commissionato un sondaggio con interviste a oltre 2000 decision maker nel campo dell’informatica, operanti in 18 Paesi del mondo.
Pur riducendo i rischi nelle aree più tradizionali legate alla perdita dei dati, vale a dire guasto hardware, guasto software, interruzione di corrente e dati corrotti, le organizzazioni risultano quindi ancora esposte ai rischi che derivano da problematiche alla memoria virtuale.
Problemi alle tasche. Se, dal punto di vista amatoriale, la perdita dei dati può rappresentare un guaio soprattutto dal punto di vista affettivo – ad esempio, l’eliminazione di foto ricordo, video o documenti personali – per le aziende queste situazioni determinano innanzitutto conseguenze economiche anche gravi.
In Italia, ad esempio, si calcola che nel corso del 2015 ogni azienda hi tech abbia subito un ammanco medio di quasi due milioni di dollari a causa della perdita di dati sensibili, una cifra a cui poi va aggiunta la quota derivante dalle interruzioni inattese dei sistemi informatici, per un totale di 2,5 milioni di dollari “evaporati” (nettamente superiore alla media mondiale, che si ferma a 914 mila dollari).
Una sfiducia mal posta. Il danno economico è peggiorato anche dai comportamenti di questi imprenditori: ben l’84 per cento degli intervistati italiani, infatti, ha dichiarato di non aver fiducia in un recupero completo dei dati in caso di attacchi o improvvisi blocchi di sistema. Questo significa, dunque, che spesso queste imprese rinunciano in partenza a ogni tentativo di rivolgersi a società specializzate nelle operazioni sugli archivi digitali. Si tratta di un controsenso, visto che Recovery File, una delle pioniere del settore in Italia, garantisce percentuali di recupero dati da hard disk che sfiorano il 100 per cento, offrendo inoltre la formula “No Data, No Cost”, che assicura zero spese a carico in caso di mancata riuscita dell’operazione
Cinque cause di perdita di memoria. Ma come si perdono i file e i dati? Una risposta esaustiva arriva da una delle società specializzate nel campo della produzione di hard disk, ovvero Toshiba, che ha stilato un elenco dei principali “eventi disastrosi” che possono complicare la vita di chiunque utilizzi un supporto con memoria digitale, dallo smartphone all’hard disk del pc desktop, dagli hard disk esterni alle memorie Usb.
La multinazionale giapponese ha individuato, nello specifico, le cinque cause che più frequentemente provocano la perdita dei dati archiviati, sintetizzandole in una infografica specifica: al primo posto c’è il danno fisico al dispositivo, poi un’infezione informatica derivante da virus e trojan, seguita dal furto dei dati, dai problemi derivanti da batteria scarica fino ad arrivare alla cancellazione involontaria dei file e documenti.
È (anche) colpa nostra. Guardando a queste conclusioni, possiamo dunque sintetizzare che molto spesso il problema sta nel manico, ovvero nell’utilizzo del dispositivo: sia i guasti fisici che le cancellazioni, infatti, avvengono in maniera accidentale e a causa di scarsa attenzione da parte nostra nell’eseguire le operazioni al computer.
Volendo essere più critici, anche il contagio con un virus informatico dipende, in parte, da comportamenti a dir poco negligenti, così come lo spegnimento del computer a causa di un livello di batteria insufficiente a garantirne il funzionamento (o in seguito a salti nella corrente elettrica).
Insomma, almeno quattro problemi su cinque sono di natura evitabile con alcuni accorgimenti, mentre invece per il furto dei supporti o dei dati c’è poco da fare, purtroppo. Il tutto, ovviamente, senza tralasciare l’importanza di eseguire un backup periodico, che almeno garantisce di non perdere tutta la nostra memoria.