Sabato 7 dicembre 2013 ore 11,00
A Palazzo Caetani Giorgio Manacorda, scrittore finalista nel 2012 al Premio Strega
Interventi del dott. Salvatore Nallo (Presidente Associazione “Ex Alunni” di Fondi), della prof.ssa Bruna D’Ettorre (docente di letteratura italiana a Treviso). Modera: Simone di Biasio. Con la partecipazione di alcune classi del liceo classico di Fondi
Dopo l’esordio con Il corridoio di legno, Giorgio Manacorda ci propone una favola nera sulla poesia e sulla creatività con una trama insolita e avvincente. Delitto a Villa Ada è anche un’allegoria ironica e amara sulla considerazione che gode la poesia ai nostri tempi e sul ruolo del poeta nella società. Manacorda racconta con un tono divertito e allusivo le difficoltà della vita creativa, i sogni e i fallimenti, feroci invidie letterarie. Non esita a mettersi in scena facendosi personaggio, scherza su una sua immaginaria candidatura al Nobel, si denuda con ironia, senza pietà, e si racconta. Evoca la sua amicizia con Pasolini – che scoprì il Manacorda poeta -, rende onore a Gadda, sparge tra le pagine evidenti richiami letterari. È forse in questa caccia ai riferimenti e alle citazioni che sta la parte più divertente del romanzo. Manacorda gioca con i nomi dei suoi personaggi – i cognomi degli interrogati, ad esempio, sono quelli di importanti poeti italiani. Lascia, alla fine, che il suo doppio cartaceo venga ucciso. Afferma senza perdere il sorriso l’inutilità della poesia. I poeti – quelli veri – sono animali rari, una specie in via d’estinzione.
Leggi la recensione su “Reader’s Bench”: http://www.readers-bench.com/2013/12/hanno-ucciso-la-poesia-chi-sia-stato-si.html.
LA TRAMA. Sperandio ha quarantasei anni, vive a Roma e fa il poliziotto. È un uomo molto colto, figlio di professori, e la sera, dopo il lavoro, si diletta a scrivere poesie. La mattina, qualunque sia il tempo, si alza alle sei e corre nel parco di Villa Ada. Un giorno di settembre a Villa Ada viene ritrovato il cadavere di Vasco Sprache, un poeta che viveva nel parco come un barbone. Viene scoperto da Giorgio Manacorda, anche lui poeta, che riferisce in una deposizione scritta i dettagli del ritrovamento. Il caso non è semplice, è un vero “pasticciaccio”. Iniziano gli interrogatori e le indagini, partendo da chi corre abitualmente in quelle zone. Tutti hanno un alibi, ma c’è una coincidenza che li unisce: quasi tutti sono poeti a tempo perso o per passione (e chi non ha scritto almeno una poesia nella vita, al giorno d’oggi?). Fra i tanti misteri c’è quello più oscuro: dove è finita la macchina da scrivere d’oro che alcuni pensavano appartenesse al poeta ucciso? Si dice che sia un oggetto magico che, come la lampada di Aladino, è in grado di far emergere il talento e far scrivere a chi la usa grandi poesie. Nessuno però l’ha mai vista. In mezzo a tanta confusione, Manacorda sembra proprio il maggior sospettato dell’omicidio. Per Sperandio il caso è un garbuglio impossibile da districare e la palla passa direttamente al questore, tale Argante Incravallo. Alla fine le indagini prenderanno una piega alquanto inaspettata…
L’AUTORE. Giorgio Manacorda è nato a Roma nel 1941. Ha insegnato letteratura tedesca all’Università della Calabria e all’Università della Tuscia. Ha scritto vari saggi su autori di lingua tedesca (da Goethe a Heiner Müller passando per Hofmannsthal, Roth, Kafka, Bachmann e altri) e si è occupato di poesia italiana contemporanea. Nel 2009 ha pubblicato Scrivo per te, mia amata e altre poesie (1974-2007).
Comunicato Stampa